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Gargantua e Pantagruele PDF - Opera Completa
Pantagruele, memore della lettera e ammonimenti del padre, volle un giorno mettere a prova il suo sapere e fece pubblicare su tutti i quadrivi della città novemila settecento e sessantaquattro proposizioni di ogni genere di scienza, toccanti i dubbi più forti delle singole scienze. E primamente, nella Rue du Feurre tenne testa a tutti i professori, i mastri d’arte e oratori e lo mise nell’organo a tutti. Poi discusse alla Sorbona contro tutti i teologi per lo spazio di sei settimane, dalle quattro del mattino fino alle sei di sera salvo due ore d’intervallo per la colazione.
Assistevano alla discussione la maggior parte dei signori della Corte di giustizia, i referendari, presidenti, consiglieri, contabili, segretari, avvocati e altri, insieme cogli scabini della città, i medici e i canonisti. E notate che la maggior parte di essi mordevano il freno; ma nonostante i loro sofismi e scantonamenti li mise nel sacco e fece far loro la figura di vitelli togati. Onde tutta la gente cominciò a passarsi la voce e a parlare del suo sapere così meraviglioso, persino le donnicciuole, lavandaie, ruffiane, rosticcere, coltellinaie e altre, le quali, quando passava per le strade dicevano:"è lui", e ciò gli dava piacere come si rallegrò Demostene principe degli oratori greci, quando una vecchierella rannicchiata disse: "È quello là".
Proprio in quel tempo era pendente davanti alla Corte un processo tra due grandi signori, il signor di Baciaculo attore in giudizio da una parte, e il signor di Fiutascorregge convenuto dall'altra. La loro controversia era sì alta e difficile in diritto, che la Corte del Parlamento non v'intendeva un'acca. Per comando del Re furono riuniti i quattro più sapienti e grassi Parlamenti di Francia insieme col Gran Consiglio e tutti i principali rettori d’università non solo della Francia, ma anche d’Inghilterra e d’Italia, come Giasone, Filippo Decio, Pietro de' Petronibus e un mucchio d'altri vecchi togati. E così riuniti per lo spazio di quarantasei settimane, non avevano saputo masticare né chiarire il caso per applicarvi il diritto in qualsiasi modo e n’erano sì indispettiti che cacavansi addosso dalla vergogna.
Ma uno di loro chiamato Due Douhet, il più sapiente, esperto e prudente di tutti, un giorno che erano storditi di cervello disse loro:
Consentirono tutti i consiglieri e dottori, e infatti subito lo mandarono a cercare e lo pregarono di voler rivedere e studiare a fondo il processo e di preparar loro una relazione come più gli piacesse e secondo la vera scienza legale. E affidarono alle sue mani sacchi e incartamenti di che si potevano caricare quattro grossi asini con tanto di coglioni.
Ma Pantagruele disse loro:
Gli fu risposto che sì:
Non è meglio udire dalla loro viva voce il dibattimento piuttosto che leggere queste babbuinerie, null'altro che imbrogli, e diaboliche cautele uso Cipolla e sovversioni del diritto? Poiché io son sicuro che voi e tutti quelli per le mani dei quali è passato il processo, vi avete macchinato a tutto vostro potere pro et contra; e se la loro controversia era chiara e facile a giudicare, voi l'avete oscurata en sciocche e sragionevoli ragioni e inette citazioni dell'Accursio, di Baldo, di Bartolo, di Castro, dell'lmola d’Ippolito, del Panormo, di Bertacchino, di Alessandro del Curtius e di quegli altri vecchi mastini che mai non intesero la minima legge delle Pandette e non erano se non grossi vitelli da decima, ignoranti di quanto è necessario alla intelligenza delle leggi. Poiché (come gli è ben certo) non avevano conoscenza di lingua né greca né latina ma solamente del gotico e barbaro. Laddove in primo luogo le leggi son attinte dai Greci come attesta Ulpiano, l. posteriori de Origine iuris, e tutte le leggi son piene di sentenze e parole greche; in secondo luogo sono redatte nel più elegante e adorno stile che vanti la lingua latina, non facendo eccezione, a mio gusto, né per Sallustio, o Varrone, o Cicerone, o Seneca, o Tito Livio, o Quintiliano. Come avrebbero dunque potuto intendere il testo delle leggi quei vecchi farneticanti i quali mai non videro un buon libro latino come appare manifestamente dal loro stile, stile da spazzacamini da cuochi e da sguatteri, non da giureconsulti?
Inoltre, poiché le leggi hanno radice nel nocciolo della filosofia morale e naturale, come le potrebbero intendere quei folli i quali di filosofia, perdio, ne hanno studiato meno della mia mula? Di lettere umane poi, d'archeologia e di storia di cui il diritto è imbevuto, essi n'erano carichi come un rospo di piume, e ne usano come un crocifisso d’un piffero. Senza tutte quelle conoscenze le leggi non possono essere intese come un giorno ampiamente dimostrerò per iscritto. Perciò se volete che studii il processo, primieramente fatemi bruciare tutte quelle carte e in secondo luogo fate venire davanti a me i due gentiluomi in persona, e quando li avrò uditi vi dirò la mia opinione senza finzione o dissimulazione di sorta.
Alcuni dei presenti erano contrari come sapete che avviene in tutte le riunioni dove sono più i matti che i saggi e la parte più numerosa sormonta sempre la migliore, come asserisce Tito Livio parlando dei Cartaginesi. Ma il detto Du Douhet per contro, sostenne virilmente ciò che Pantagruele aveva ben detto, che quei verbali, inchieste, repliche controrepliche, incriminazioni, discriminazioni e altrettali diavolerie, non rappresentavano che sovversioni del diritto e lungaggini, e che il diavolo se li portasse via tutti quanti se non procedevano altrimenti secondo equità filosofica ed evangelica. Insomma tutte le carte furono bruciate e i due gentiluomi personalmente convocati.
E allora Pantagruele disse loro: